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One Tree Hill. Del basket chissenefrega, ma quanta bellezza

Su Rai2, tanti anni orsono, andava in onda una serie tv bellliiissima con uno dei personaggi meglio scritti di sempre: Brooke Davis.

A Tree Hill la gente si vestiva tendenzialmente molto male, soprattutto la povera svantaggiata Hailey che inspiegabilmente è finita a sposarsi quello gnocco di Nathan. La gente ancora a giro si chiede “in che senso?”, visto che lei osava uscire di casa coi poncho di lana e delle scarpe che manco quelle ortopediche erano così antiestestiche.

Peyton, in compenso, era una cifra triste e già che c’era lo esternava con i suoi vestiti neri, le sue giacche di pelle e i suoi disegni tanto tanto macabri. Tanto disagio, tanti problemi, ma quanto era bona mannaggia a lei.

Certo, mai quanto Brooke che, se nelle prime stagioni andava in giro vestita da vacca e si faceva trovare nuda nelle macchine dei compagni di classe (Brooke io ti amo, ci hai insegnato tanto nella vita), nelle ultime era diventata un donnino per bene con la sua linea di moda favolosa e quasi elegante.

Poi beh, c’erano gli uomini. Nathan, come già detto, era molto notevole. Ma pure Lucas, tenebroso e noioso quanto basta, faceva la sua porchissima figura coi vestiti da povero che gli davano in dote. INDIMENTICABILE la scena del pilot in cui lui viene quasi investito dalla macchina di Peyton mentre passa con quella felpa grigia con cappuccio che ha fatto storia.

Belli, e bravi, TUTTI.

(Tranne Mouth. Lui porello proprio no.)


IO VERAMENTE LA FAVOLOSITA'
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di Francesca Giorgetti

29 anni, ultimamente romana ma pratese per sempre. Appassionata a livelli patologici di serie tv e Maria De Filippi. Lavora in tv e scrive di serie anche su Io Veramente Guarda.

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Lena Dunham. Quando essere bone è da sfigate

Avete presente quell'espressione orribile e fastidiosa “la voce di una generazione”? Ecco, sono davvero poche le volte in cui è concesso usarla perché tende sempre a dar l’idea di boiata pazzesca. Uno dei casi in cui però è più che lecito usarla è quando si parla di Lena Dunham. Nata nell'86 a New York è diventata nel giro di pochi anni una genialità ambulante grazie al suo Girls, dramedy della HBO che ha ideato, dirige, sceneggia, recita e in cui si spoglia. Il suo spogliarsi però, finalmente, è DAVVERO funzionale alla storia. Il suo personaggio, Hanna Horvath, vive le stesse ansie mie e tue di ogni giorno. Si sente un cesso, crede di essere una fallita ma in realtà ha una mal celata autostima ed un ego che riempirebbe l’Europa, si trucca poco e male, ha tatuaggi improbabili di CASE SULLA SCHIENA e, ormai, sta bene così. Esorcizza tutte le sue insicurezze mettendosi, letteralmente, a nudo. E già che c’è, vuole far capire anche a noi povere quanto sia bello e giusto potersi andar bene così. Hanna, ed evidentemente anche Lena, è arrivata ad un punto dell’esistenza in cui “Oh, io sono questa. Che tocca fà?” In Girls è circondata da amiche bone e favolose, ed ora che siamo arrivati alla quinta serie, è ciò un cruccio per lei? No. Perché? Perché fottesega. Loro saranno sì bone e favolose ma lei ha dalla sua la quasi irraggiungibile e tanto agognata sicurezza di sé. Vuoi mettere? Portar bene la bruttezza (povera Lena, neanche troppa a dire il vero) è un dono, essere genie talentuose ed avere a 30 anni all’attivo un libro, un film, una serie tv e una newsletter femminista (Lenny Letter) lo è altrettanto. E Lena ci ricorda ogni giorno tramite il suo profilo Instagram quanto in realtà essere bone sia da sfigate.


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Broad City: due amiche deficienti a New York

C’è una serie, in onda su Comedy Central e prodotta da Amy Poehler, il cui sunto potrebbe essere tranquillamente: due ragazze ebree fuori come i culi che cazzeggiano a giro per New York.

Abbi e Ilana sono due trentenni amiche del cuore, una più rincoglionita dell’altra, che tentano - ognuna a modo proprio - di sopravvivere in quella città diffiiiicile che è New York. Ebree entrambe, sono i personaggi alter ego delle due creatrici della serie, Abbi Jacobson e Ilana Glazer, a cui danno corpo e voce recitando nella loro creazione facendo restare gli spettatori sempre in bilico tra il "WTF?" e il "GENIEEEEHH!".

Il tema di una delle ultime puntate andate in onda è un grande classico argomento di un sacco di film e telefilm: lo scambio d’identità. Qui non c’è il desiderio forte forte di trovarsi nei panni l'una dell’altra e il risveglio col desiderio esaudito ma c’è Ilana (la più marcia tra le due) che chiede ad Abbi di fingere di essere lei, così da lavorare al posto suo nel negozio bio da zecche in cui per poter comprare le zucchine a km 0 bisogna fare volontariato altrimenti vieni cacciato dalla responsabile del negozio, una hippy vecchia e sporchissima che allatta un bambino invisibile avvolto in cento coperte. Abbi ovviamente accetta ed Ilana le fa una sorta di lezione intensiva su come essere lei. Parlare dicendo cose senza senso è il primo passo, essere strafatta di erba il secondo e vestirsi come fossero i ruggenti anni ’80 il terzo, fondamentale.

Il look INCREDIBILE di Ilana è infatti uno dei segni particolari della serie che oltre ad avere riferimenti pop commoventi (nell’intro della prima puntata della terza serie Abbi ha il vestito bianco e oro, Ilana quello nero e blu, do you know?*) punta tantissimo sulla follia totale delle due protagoniste, una delle quali caratterizzata anche e soprattutto coi costumi, appunto.

Leggins a vita alta, crop top di rete, marsupi, borse minuscole allacciate in vita, shorts shortissimi a vita alta, cappellini improbabili, smoking da uomo e maglioncini per cani minuscoli usati come top. Perché Ilana è sobria ed elegante. Il suo malcelato odio per qualsiasi forma di lavoro e la totale incapacità di essere anche solo vagamente opportuna nel modo in cui si presenta è una cosa che a te spettatore fa sentire un sacco meno solo e anche se sai che quella roba allucinante che ha addosso può starbene solo a lei, una nana dai capelli ricci e la bocca larga coi tratti tipicamente ebrei, a una certa ti vien voglia di lanciar via le cose dell’armadio e dire “ma sticazzi, ci posso andare anch’io a giro così, con gli orecchini dorati con scritto LATINA, coi marsupi e con le camicie annodate sotto le tette”. O forse no.

Magari per continuare ad avere una più o meno sana vita da adulte lavoratrici è più consigliabile buttarsi sullo stile di Abbi, già più unadinoi con i suoi jeans, magliette, vestitini e una comprensibilissima voglia di sembrare, almeno all’apparenza, normale.
 

*L'unico, inimitabile, #TheDress


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