La corsa è femmina. Run like a girl.

Quando il 19 aprile del 1966 Roberta Gibb è saltata fuori da un cespuglio per unirsi a centinaia di uomini che stavano correndo la Maratona di Boston non pensava di fare qualcosa di rivoluzionario. Voleva solo correre e mettersi alla prova su una distanza per la quale si era allenata per mesi. Solo che quando aveva mandato la domanda di iscrizione per partecipare come atleta regolare, la Boston Athletic Association l’aveva respinta. Perché Roberta era una donna e alle donne era vietato correre la maratona. In pantaloncini, t-shirt e felpa col cappuccio sperava così di mimetizzarsi tra gli altri runner e correre il suo sogno lungo 42 chilometri senza destare troppa attenzione. Ma ad aprile anche a Boston è primavera inoltrata e il caldo ad un certo punto costringe Roberta a togliersi la felpa.

Anche noi, oggi, che viviamo in un mondo in cui la maggior parte dello sport che passa in televisione non riguarda discipline praticate dalle donne - non facciamo fatica a immaginare lo stupore degli altri runner e del pubblico di fronte a questa coraggiosa clandestina della corsa. Ci è voluto un atto di disobbedienza per portare alla “normalità” la presenza delle donne in gare come la maratona, ma ancora oggi la maggior parte degli iscritti alle competizioni di corsa sono uomini. Questo mi fa molto male. Dove siete ragazze? Io sono convinta che la corsa sia “femmina”. Perché è uno sport dove puoi allenarti per essere “più forte” degli uomini e dimostrare che non c’è niente che può fermarti. È femmina perché allena la tua autostima: correre di seguito, quattro, otto, 10 o 30 chilometri ti fa sentire onnipotente per giorni e giorni. Bella e onnipotente, bella perché fiera di quello che sei riuscita a fare, perché il tuo corpo migliora e cambia e quei difetti insormontabili, che ti impedivano di sentirti a tuo agio in costume, scompaiono di fronte alla consapevolezza dell’impresa che sei riuscita a portare a termine.

Eppure la corsa è una di quelle situazioni - forse lo sono tutti gli sport? -  dove puoi trovare un’altissima concentrazione di mensplaning, quella pratica per cui l’uomo si sente in dovere e in diritto di spiegare alla donna cose che lui, in teoria, sa molto meglio di lei: come vestirti, cosa mangiare, quanto allenarti.

A me per scatenare un moto di ribellione interiore basta anche il titolo con cui Sports Illustrated ha definito l’impresa di Roberta Gibb a Boston: “una ragazza si è messa in gioco in un gioco da uomini”. Per non parlare del commento negazionista del presidente dell’organizzazione della gara: “Gibb non ha corso la maratona, una donna non può correrla, può aver fatto una corsa su strada ma non ha gareggiato”. Paura ragazzi eh? Roberta alla fine ha tagliato il traguardo in 3 ore, 21 minuti e 40 secondi. Un tempo che nemmeno allenandosi duramente per anni molti uomini riuscirebbero a eguagliare.


Tiriamo fuori le scarpe, ragazze, e riprendiamoci lo sport.

 

SHOOT THE RUNNER

di Donata Columbro

Giornalista e consulente digitale con una missione: aiutare le storie a incontrare i lettori. Scrive di Africa e attivismo digitale suInternazionaleWired ItaliaVita.it. Corre per godersi Roma quando non c'è nessuno per strada e lo racconta spesso su Snapchat (@dontyna).