studio 54

Lo Studio 54

Lo Studio 54, il Piper Disco

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Piotta - Supercafone

Ci sono luoghi che hanno fatto la storia della musica. Che piacciano o meno, si intende: anche chi non ama il punk statunitense dovrebbe sapere quello che è stato il CBGB’s, così come chiunque dovrebbe conoscere le storie racchiuse nel Chelsea Hotel o a Carnaby Street a Londra. È così: certi posti hanno descritto epoche e mode meglio di chiunque altro. Molti sono scomparsi, inghiottiti dal mercato immobiliare, da demolizioni o riqualificazioni che hanno provato a cancellare i fantasmi gloriosi del passato.

Un indirizzo che suonerà familiare a zii e genitori cosmopoliti di molti di noi è il 254 West 54th Street, tra la Eight Avenue e Broadway, a Manhattan. Lì, tra il 1977 e il 1984, si sono consumati i sette anni più effimeri e divertenti della vita notturna newyorkese: era a quell’indirizzo che vedevi scintillare glitter e paillettes, entravi con zeppe esagerate e con microabiti quando non veli su corpi seminudi, o nudità totale), le confusioni sessuali venivano incoraggiate. La selezione all’ingresso era durissima e impossibile, ma era lì che venivano stabilite, in buona sostanza, una gran parte della discografia, le nuove tendenze fashion e soprattutto le notizie sui giornali di gossip del giorno dopo.

Quel posto lì era lo Studio 54.

La sua storia era ben più anziana di molte delle persone che ci passavano dentro: aperto originariamente come teatro nel 1927, nel 1943 divenne lo Studio 52 della CBS per le trasmissioni radiofoniche e la sua placida funzione durò fino al 1976, quando l’emittente traslocò e vendette le mura.

Furono due persone semisconosciute ed ex colleghi di confraternita, l’ex militare e broker Steve Rubell e l’agente immobiliare Ian Schrager che decisero di investire 400mila dollari per risistemare lo spazio e aprire un club dedicato alla musica disco, la vera ventata di novità falsamente effimera degli anni Settanta. Non se ne poteva più dell’impegno, della denuncia e della lotta: le persone si volevano divertire, volevano ballare, volevano sentirsi glamour. La difficile e pericolosa New York aveva bisogno di un posto così: dove tutti gli eccessi fossero possibili, senza giustificazioni o pregiudizi.

Lo Studio 54 fu inaugurato pur senza avere la licenza di vendere alcolici. Piccole magagne burocratiche, scavalcate a destra dalle proposte musicali curate da Billy Amato Smith: nel giro di pochi mesi, con tanti saluti alle autorità newyorkesi, salirono sul palco dello Studio 54 Grace Jones, Donna Summer, Stevie Wonder, James Brown, Gloria Gaynor, Sylvester, Amii Stewart, persino i Village People e Anita Ward. Questo, come cantanti; perché di Vip di ogni tipo era pieno praticamente tutto il circondario. Gli ospiti delle serate erano persone come Mick Jagger,  Bianca Jagger (fu lei che festeggiò il suo compleanno, organizzato dallo stilista Halston, entrando in pista sopra un cavallo bianco), il futuro Presidente degli Stati Uniti Donald Trump con la moglie Ivana, Dolly Parton, Karl Lagerfeld, Elizabeth Taylor e molti altri. C’era talmente tanta gente a fare la fila fuori, e dentro si spendeva e spandeva senza ritegno, che addirittura Steve Rubell scherzò sul fatto che solo la Mafia faceva più soldi di loro.

E infatti lui e Ian furono accusati di evasione fiscale due anni dopo, e processati con tanto di prigione: nascondevano i guadagni di tanto divertimento in buste della spazzatura stipate nel controsoffitto. Rubell e Schrager finirono in prigione e nel dopo trentatré mesi da favola, la fama dello Studio 54 si concluse definitivamente con la vendita del locale. Ma come tutte le cose più belle ed effimere, ha ispirato le generazioni per tutti gli anni a venire.

Piccola incursione: la nostra Alessandra Pucci ti regala una playlist tutta da ballare! La trovi qui.

 Per rivivere quegli anni magici qui un video :)

MUSIC IS MY RADAR

di Arianna Galati

Scrivo di musica e parlo in radio: due dei lavori più belli del mondo. Collaboro con Onstage, MarieClaire, Nanopress e QNM. Se non sono in giro a caccia di storie, coccolo il gatto o cucino verdure.